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Buongiorno e bentornati.

Oggi, per il Lunedì Desueto, ci occuperemo del termine Gotha. Ammetto che è un termine che non avevo mai sentito prima di qualche giorno fa, e perciò sono molto felice di averlo scoperto grazie a “Una parola desueta al giorno“.
Ma bando alle ciance e passiamo alla definizione:

Gotha ‹ġòta› (o gotha) s. m. [dal nome della città ted. di Gotha ‹ġóota›], invar.

Forma ellittica per almanacco di Gotha, annuario (pubblicato dal 1763 al 1944 da J. Perthes di Gotha) contenente in origine le genealogie dei sovrani d’Europa e di nobili tedeschi, poi quelle dell’aristocrazia di altri paesi, e gli ordini cavallereschi. Per estens., l’insieme dei nobili e degli aristocratici i cui nomi figurano in tale annuario: al matrimonio parteciperà tutto il G. europeo; in senso fig., coloro che rappresentano la massima autorità, che rivestono il maggior prestigio in un determinato campo: il g. industriale italiano, il g. finanziario milanese; scrittori che costituiscono il g. della nostra letteratura contemporanea.

Ed ora passiamo subito al racconto:

Gotha

Image by Arcaist

Il mio amore per voi è il più nobile dei sentimenti, mia diletta, e per questo a voi sola scrivo in questo momento. Vi scrivo per cercare un appiglio e per lasciarvi ancora una volta una parte di me.
Mi sento schiacciato, oppresso, incompreso. Vivo in questo mondo eppure non ci vivo per davvero, perso – forse per mia stessa volontà – in un’esistenza fatta di quella materia di cui sono fatti i grandi romanzi.
Dentro di me sento la nobiltà, ma non quella di sangue, bensì quella dell’animo. Vivo una vita di nobili sentimenti, primo fra tutti l’amore che ti porto, e insieme ad esso vi sono l’onore, il rispetto, l’eleganza, la bellezza stessa. Ma proprio per questo mi sento come quei nobili che, assediati dal popolo che non li comprende, si ritirano nel loro castello per attendere la fine.
Tale è il mio comportamento.
Quei nobili assediati, poi, credevano di essere nel giusto, mentre il popolo pensava l’esatto opposto. Noi, esterni osservatori, stiamo dalla parte del popolo, eppure io non posso fare a meno di farmi la stessa domanda che quei signori devono essersi posti, almeno una volta: sono io ad essere sbagliato, o sono loro?
Ma a questa domanda non c’è alcuna risposta. L’unica risposta che ho è che il gotha dei sentimenti che mi contraddistingue viene costantemente schiacciato dal popolo della bruttura che ammala il nostro mondo.
Che sia io il problema, o loro, questo ormai ha poca importanza. Come nelle grandi rivoluzioni, questa mia nobiltà verrà schiacciata dalla furia della folla. Ma io mi eleverò ancora, salirò laddove non possono toccarmi.
L’onore m’impone di morire per mia mano, piuttosto che perire sotto il peso di una plebe marcia.

Vi amo, vi ho sempre amata, e vi amerò per sempre.

Vostro T.

Bene, anche per oggi abbiamo terminato. Come sempre spero che il racconto vi sia piaciuto, e non vedo l’ora di sapere cosa ne pensate nei commenti.

A presto!

Neri.

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