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Già negli ultimi mesi ho notato che gli articoli sul self-publishing si sprecano, vuoi perché il mercato sembra fare continuamente dei passi avanti, vuoi perché i dispositivi di lettura diventano sempre migliori, ma nell’ultima settimana sembra che l’autopubblicazione sia diventata il centro della blogosfera letteraria. E siccome più o meno ne faccio parte anche io, voglio dire la mia, anche se mi staccherò dalla struttura tipica dell’articolo sul self-publishing, inserendo solo marginalmente dei dettagli sui pro e i contro, e concentrandomi invece su un punto che mi preme molto di più: la dignità (troppo spesso non riconosciuta) dello scrittore.

Prima di iniziare, comunque, vorrei far presente che l’idea per questo articolo mi è venuta leggendo “Pubblicare col self publishing?” sul blog Penna Blu che seguo da diverso tempo e che propone articoli davvero molto interessanti e ben scritti. Quindi, per concludere, vi consiglio fortemente di andare a farvi un giro lì.

Ma veniamo a noi.

Innanzitutto chiariamo una cosa: cos’è il self-publishing? È, traducendo letteralmente, l’atto con il quale un autore si pubblica da solo, tramite libro cartaceo o e-book. E proprio l’ultimo caso è quello su cui voglio puntare la mia attenzione.

Il mercato degli e-book e l’autopubblicazione che va di pari passo con esso è qualcosa che fa scattare nella mente dello scrittore una serie di processi che prima non si sarebbero nemmeno potuti immaginare. La possibilità di pubblicare il proprio libro e renderlo disponibile per un pubblico vastissimo con i soli limiti imposti dalla propria inventiva è qualcosa che fino ad un decennio fa sembrava impossibile, se non per quelle persone che avessero una disponibilità economica vicina all’illimitato e che quindi potessero permettersi di stampare e distribuire numerose copie. Ma ora questa nuova tecnologia fa sognare gli scrittori, che non hanno più la necessità di affidarsi ad un editore. E ci tengo a precisare che parlo di necessità nel senso che un autore non deve per forza affidarsi alla casa editrice, ma questo non significa che non possa farlo traendone vantaggi.

Per quanto riguarda chi voglia autopubblicarsi, comunque, la regola d’oro è fondamentalmente una: qualità. Perché senza la qualità non c’è scusa che tenga, il prodotto fallirà. L’autore dovrà così occuparsi della scrittura, della revisione, della correzione e di tutto il resto, facendo ben attenzione a non scrivere, oltretutto, qualcosa che sia eccessivamente banale o eccessivamente ricercato, anche se questi ultimi due punti costituiscono una considerazione strettamente soggettiva. Tuttavia, per quanto riguarda il resto, promozione compresa, tutto è nelle mani dello scrittore e, si spera, nella sua cerchia di amici. E gli sforzi non saranno pochi, e sapete perché? Non tanto perché tutte queste cose siano di difficile attuazione (basta razionalità, tempo e, per gli aspetti tecnici/tecnologici, un po’ di pazienza nell’imparare dall’enorme mole di materiale presente sul web), quanto perché dovrà continuamente scontrarsi con la massa di lettori che tenteranno di affossare la sua dignità letteraria (e a volte umana).

Perché? Semplicemente perché si è autopubblicato e non è, invece, stato pubblicato da un colosso dell’editoria.

Adesso qualcuno di voi storcerà il naso per questa affermazione, ma vi assicuro che la maggior parte delle persone la pensano così. Credo che possa essere un retaggio del modello televisivo che ti porta ad essere qualcuno solo fintanto che sei famoso, indipendentemente dalla qualità di ciò che fai, ma questa è una considerazione sociologica spiccia, che evidentemente non mi compete. Tuttavia posso assicurarvi che quello che dico corrisponde al vero, e ho avuto modo di provarlo sulla mia pelle quando ho parlato di self-publishing.

Ma cosa succede di preciso?

Il lettore va a farsi un giro sul primo sito che gli viene in mente, alla ricerca di un ebook, probabilmente attratto da questa nuova tecnologia e spinto a leggere in formato digitale dal suo nuovo tablet o dal suo nuovo e-reader, e non appena visualizza la vetrina si trova davanti un gran numero di testi, tra cui spiccano subito i best-seller affermati. Poi, da un’altra parte, vede gli ebook autopubblicati di autori sconosciuti.
La sua reazione? “Ma guarda questi che vogliono una fetta di fama e che pur di non subire un rifiuto da un editore si sono pubblicati da soli. Che scemi.”

Attenzione: non voglio dire che un pensiero del genere (per quanto evidentemente limitato e limitativo) non nasconda del vero al suo interno, ma credo semplicemente che prima di formulare un’ipotesi del genere bisognerebbe far valere il principio di “presunzione d’innocenza” per l’autore autopubblicato.
Chi può dirci, infatti, che quell’autore non sia bravo solo perché ha scelto una via diversa? L’unico modo per saperlo è quella di leggere quello che scrive, e siccome gli autori indipendenti sono spesso più intelligenti dei grandi editori e consentono di scaricare gratuitamente una bella fetta di quell’ebook che poi vendono all’irrisoria cifra di 0.99 centesimi, è uno sforzo così grande quello di conoscere prima di parlare? Non credo, anche perché non è assolutamente vero che la pubblicazione con un grande editore è sinonimo di qualità, e un giro in libreria ve ne darà conferma.

Rivalutiamo la figura dell’autore, che è la figura veramente centrale per chi legge, e smettiamo di considerare l’editore come l’unico veicolo per la qualità. L’autore deve essere al centro, lo scrittore, perché è con le sue parole che ci emozioniamo ed è grazie al suo ingegno che viaggiamo.

L’autopubblicazione, quando si parla di autori seri che amano la scrittura, è una scelta e non un ripiego, e credo che si debba riconoscere la stessa dignità ad un bravo autore pubblicato da un grande editore e ad un bravo autore indipendente.

Il metro è la qualità, non il logo dell’editore.

Neri.

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